Affreschi rinvenuti
Una mostra nella Sala Catasti dell’Archivio di Stato di Napoli
in dialogo con le pitture di Belisario Corenzio
28 aprile – 27 maggio 2023
Una stratificazione del lavoro riscoperto di Belisario Corenzio e del mio proprio lavoro. La pittura di inizio Seicento, il suo stato attuale, quadri miei e fotografie di dieci e trent’anni fa, la loro sovrapposizione alle riproduzioni degli affreschi, la visione nuova (una fra le tante possibili) del mio lavoro e anche di quello del pittore greco-partenopeo.
Una serie Corenzio-Robinson: fotografie del restauro in corso stampate su vetro e sovrapposte a mie foto di spiagge incontaminate o quasi. Una serie Corenzio-Gulliver: dettagli degli affreschi prima del restauro, giustapposti a quadri miei antichi di trent’anni, ritagliati e rilavorati. Una serie Corenzio-Hölderlin: la famosa lettera del poeta tedesco, alla soglia della pazzia, al suo amico Böhlendorf, riprodotta su vetro: qui la sua distorta visione dell’antichità si sovrappone alla scialbatura gialla che copriva le pitture di Belisario.
Altre piccole serie dalle fonti più miste: le riproduzioni dei pagamenti al Corenzio o degli articoli critici ottocenteschi, sovrapposti a mie foto di soggetto “rupestre”: abbazie abbandonate e riprese dalla natura, romitori medievali, necropoli etrusche; le incisioni dal bestiario di Ulisse Aldrovandi, il naturalista bolognese coevo del nostro; i Drum Songs, le sfide poetiche di Ammassalik in Groenlandia orientale.
Salvatore Puglia
Il lavoro di Salvatore è stratificazione di scritte, foto, stampe, interventi grafici, sovrapposizione di linguaggi, di tecniche, di epoche, di letterature. Per me la sua opera è l’equivalente artistico delle Macchie di Rorschach: un test proiettivo basato su stimoli visivi intenzionalmente ambigui, volutamente incompleti o, al contrario, ridondanti.
In questa fusione di segni chi osserva può fermarsi all’apparenza o lasciarsi guidare da racconti fantastici popolati da creature mitiche e illustrati da lingue sconosciute, può leggere e trovare storie sempre diverse, a seconda dell’umore di chi guarda, della luce che colpisce l’opera, del contesto in cui l’opera stessa è esposta. Sono opere dialoganti, parlano alle emozioni, al cuore e alla testa di ciascuno in modo diverso.
In questo trovo l’arte di Salvatore: nell’aprire con la sua opera alla possibilità di una storia, di un racconto, immaginifico o semplicissimo, che, per dirlo con le parole di una poetessa dell’oggi, “dell’arte quindi ha il rischio, l’improvvisazione, lo studio e la dimenticanza dello studio, la dedizione, la leggera e misurata follia, la precarietà, la vocazione, l’invasione nella vita quotidiana, la spellatura”.
Maria Teresa Volpe
Quale funzionario della Soprintendenza sono stato coinvolto, per molti anni, nel progetto di restauro, rifunzionalizzazione e fruizione dell’ex convento dei SS. Severino e Sossio, quale co-responsabile scientifico prima, progettista e direttore dei lavori poi. Il lasso di tempo che me ne sono occupato è paragonabile a quello di Ercole Lauria, solo per la durata temporale naturalmente, non certo per le capacità di trasformazione che l’ingegner Lauria seppe operare nel convento benedettino per trasformarlo nella sede di uno degli archivi più importanti d’Italia, perché nel complesso dei SS. Severino e Sossio si custodiscono i documenti di un Regno non solo di una città.
Molte sono le trasformazioni che Lauria ha operato, anche in quella che era la Sala del Capitolo che diventerà una delle sale dove si custodiscono i preziosi documenti, in particolare la Sala dei Catasti Onciari.
Purtroppo, la realizzazione delle librerie ha irrimediabilmente ma inconsapevolmente, perché gli affreschi erano stati in precedenza
scialbati, gli affreschi parietali che Belisario Corenzio aveva realizzato in questo ambiente fulcro nevralgico della vita del complesso monastico.
Certamente uno dei momenti più emozionanti della mia attività nel complesso è stato quello del rinvenimento degli affreschi di Belisario Corenzio, in quella che era stata la Sala del Capitolo. Il disvelamento dei volti, delle figure che quotidianamente avveniva sotto le mani sapienti delle restauratrici, che lentamente asportavano le pesanti mani di grigio e di giallo, è stata per mesi una gioia pressoché quotidiana, fino ad arrivare al risultato finale, con tante lacune certo, ma rivedere dei quadri rimasti nascosti per due secoli e dei quali non si aveva nemmeno notizia, è stato impagabile.
Per una singolare coincidenza, nella primavera del 2021, ero con Salvatore Puglia, che avevo accompagnato a recuperare delle opere a palazzo Spinelli, quando il direttore dei lavori in corso alla sede dell’Archivio di Stato, mi ha telefonato per invitarmi ad andare in cantiere, pur essendo oramai in pensione, perché voleva mostrarmi qualcosa che era emerso nel corso dei lavori. Ho quindi proposto a Salvatore di venire con me e, in quella occasione, anche per lui si sono svelati gli affreschi di Bellisario Corenzio stuzzicando e stimolando la sua creatività.
Ebbene, le opere di Salvatore Puglia, che permettono di intravedere, di scorgere, “nascosta” da scritte o da esili tessiture, l’opera di Corenzio, è come se consentissero agli osservatori di condividere quella che è stata la mia, la nostra emozione.
Claudio Procaccini