La signorina Doremifasol (1993)

Melodramma allegorico in due quadri

 

Personaggi:

LA SIGNORINA, Mezzosoprano

S1, Tenore

S2, Baritono

CANE CATTIVO, Basso

LO SCRIVANO, Baritono

UN CERTO MARIO, Tenore

LA MAMMA, Contralto

I

            Un ufficio nella penombra. Le uniche fonti di luce saranno quella fissa di un abat-jour su un tavolino rotondo e quella mobile della lampada usata dallo scrivano (la tiene applicata sulla fronte, per avere le mani libere). La Signorina, accovacciata al centro della scena, coperta da una larga stoffa, è una forma scura. Gli altri personaggi saranno di stature e corporature molto differenziate.

            S1: Siamo qui con lei riuniti, cara Signorina, in veste in veste di di amici, sì, ma che dico, dirò di più Signorina mia, siamo qui come sodali e come fratelli lei mi capisce e qui siamo riuniti sì per farci quattro chiacchere fra noi in spirito di franca cordialità e lieta convivialità, lei converrà con me, cara Signorina, Signorina cara, Signorina bella, allora ce le possiamo fare queste quattro chiacchere in tutta serenità sì o no ma sì ma sì che ce le possiamo fare…

            LA SIGNORINA: (rantolante) Do – re – mi.

            S1: Eh? Come? Sì? Sapevo che ci saremmo intesi, Signorina, sapevo che anche lei avrebbe sentito il richiamo, il richiamo di quella causa superiore che a tutti è cara che a tutti tiene a cuore e che ha nome, sì, Verita, lo sapevamo Signorina che solo per la Verità e non per altro no Signorina ci saremmo intesi sì, non per altro che per questa povera e tanto bistrattata cosa che si chiama si chiama Verità.

            S2 e CANE CATTIVO: (all’unisono) La Verità, la Verità, sì.

            S1: (intenerito) Sì, la Verità.

            LA SIGNORINA: (flebile) Sol – re -do.

            S1: Sì, sì, davvero, sì, e allora, Signorina bella, ce la dà questa mano? (Sommesso, agli altri) Dài che viene, dài che viene, dài che ci siamo (Alla giacente) Ce la dà, sì, sì, sì, eccola la vedo che viene, sù un piccolo sforzo, si calmi si distenda, prenda pure tutto il suo tempo, sì, faccia pure con comodo, sì, e via quell’aria sgomentata, sù…

            LA SIGNORINA: (ansimante) Mi – do – do –mi.

            CANE CATTIVO: (minaccioso) No – o?

            S2: Ma sì, ma sì, la lasci riflettere, la lasci concentrare, ecco che arriva, guardi (si avvicinano tutti alla forma accucciata, che non si è mossa).

            S1: (dopo un tempo) Ah ma Signorina Signorina mia perché non ci vuole ascoltare perché, perché non lo vuole capire che siamo qui solo solo per il suo bene, perché non lo vuole capire lei che è una persona così fine così sensibile, una persona venuta dal mondo artistico, che ha avuto tante esperienze, belle e brutte, buone e cattive, che ha conosciuto tanti successi e anche tante delusioni, e che a causa di queste delusioni, lo so, e di tutta l’ingiustizia del mondo che cattivo è, ha fatto quello che ha fatto…

            CANE CATTIVO: Ah, perché non mi lasciate fare a modo mio?

            S1: Taccia, la prego.

            S2: Sì, taccia, non lo vede che ci siamo? Non ce la spaventi proprio adesso, nevvia!

            S1, CANE CATTIVO, SCRIVANO: (in contrappunto) no – no – no – no, no – no – no – no, no – o – no – noo.

            LA SIGNORINA: (in una sorta di ululato) Sol – fa – re –do –sol!

            S1: (animato da nuova speranza) Ci capisce, Signorina, ci capisce? Sì, ci dica che ci capisce, ci faccia un segno, ci dia un segno, un segno d’assenso, muova un ditino in sù e in giù, lo muova la prego lo faccia per noi, lo faccia per noi che le vogliamo tanto bene ecco sì mi pare sì ecco, no? E` stanca? Se è stanca ce lo dice e noi sospendiamo la seduta non siamo mica ai tempi dell’inquisizione ci mancherebbe altro certo ma poi torniamo e lei allora ce lo dà quello che vogliamo da lei ce lo dà nevvero? Sì, sì che ce lo darà, a noi che l’amiamo tanto a noi che siamo e sempre siamo stati i suoi ammiratori incondizionati e senza condizioni, sì cara, sì bella, le vogliamo bene, cocca di casa sua, sì cuore mio, sì cuore, sì patatina bella di zio, sì, sì, guardi come striscio ai suoi piedi guardi come mi prostro e mi umilio avanti a lei, guardi, e guardi!

            LA SIGNORINA: (la cui voce sale in modo elicoidale e poi si spezza) Do – do –mi – fa – sol.

            S2: (secco, autoritario) Bene, facciamo entrare il Mario (lo scrivano esce; ritorna introducendo un certo Mario).

           LA SIGNORINA: (affannosa e palpitante, come se pronunziasse: Mario!) Do – mi -fa!

            S2: Ecco scrivano prenda nota diamo atto che introdotto un certo Mario il summenzionato è stato immediatamente e senza fallo riconosciuto dall’inquisita andiamo avanti andiamo.

            UN CERTO MARIO: (fa un gesto di grande sorpresa; sollecito e premuroso si fa di presso alla giacente) Tu qui! Chi l’avrebbe mai creduto! E dire che… Oh, quanti ricordi! Ti ricordi, cara… il cancelletto che cigolava… il giardinetto… la casetta… e ora tutto ciò… ma bando ai tristi pensieri! Parliamo di noi piuttosto… allora… eh… beh, che mi racconti di bello? (Una pausa) Ma perché perché non me l’hai detto allora di questa di questa situazione di questa che ti tieni dentro perché? Ecco io ti avrei io t’avrei aiutata t’avrei, dovevi solo dirmelo farmelo sapere e non ci saremmo ritrovati così con una… come dire… mano davanti e una didietro così come ci ritroviamo oggi come oggi, è per il tuo bene mia cara che io parlo e dico così, e non è l’amico che qui ti parla no non è l’amante no non è il protagonista fortuito e casuale d’una avventura fugace no, ma è un fratello che qui ti parla con le mie parole di parole di fede di carità e di speme che il core a lacrimar invoglia e sforza sì lo vedo lo vedo che mossa sei a compassione e glielo fai ora a questi bravi signori il regaluccio che da te tanto aspettano glielo fai lo vedo sì, dài, dài, un piccolo sforzo ed è fatta dài sù…

            S1: Dài sù!

            S2: (riprendendo S1, come in una litania) Dài sù!

            S1: Dài, sù!

            S2: Che ce la fai!

            S1: Dài…

            S2: Che ce la fai.

            S1: Dài fallo per mamma tua…

            S2: Dài!

            S1: Fallo per il paparino…

            S2: Dài!

            S1: Fallo per lo ziuccio…

           S2, CANE CATTIVO e MARIO: (all’unisono, quasi come in un gospel) Dài!

            S1: Fallo per il cagnolino che ti vuole tanto bene…

            S2, CANE CATTIVO, MARIO: Dài!

            S1: Fallo per il canarino della nonna!

            S2 ETC.: Dài!

            S1: Fallo per i pesci nell’acqua!

            S2 ETC.: Dài!

            S1: E gli uccelli nell’aria…

            S2 ETC.: Dài, sù!

            S1: Fallo per tutte le creature…

            S2 ETC.: Sì!

            S1: Fallo per sora luna!

            S2 ETC.: Sì!

            S1: Fallo per frate sole!

            S2 ETC.: Sì!

            S1: Fallo per qui fallo per là fallo di sù fallo di giù…

            LA SIGNORINA: (estenuata) Sol – re – do.

            CANE CATTIVO: Ah, maledetta!

            S1, S2 e UN CERTO MARIO: (invitandolo a tacere) Sshsshsshssh!

            UN CERTO MARIO: (con fare persuasivo) Ragiona cara. Vivesti d’arte, vivesti d’amore, non facesti mai male ad anima viva! Perché, perchè nell’ora dell’ineluttabile reddizione… lo sanno bene, tanto che sei stata tu!

            S1: (lo interrompe) Risolva, Signorina!

            UN CERTO MARIO: Sì, risolvi!

            S2: O gliela tireremo noi fuori, con le buone o con le brutte! Anche la pazienza ha i suoi limiti, Signorina bella!

            S1: Sì!

            CANE CATTIVO: Sì!

            S2: Lei è così bella, Signorina, e così poco amabile. Cosa le chiediamo, in fondo, è ben poca cosa, è cosa d’un istante! Non farà male, vedrà, un attimo e sarà passata. Pensi a come le saranno tutti grati, pensi, pensi a come la ricorderanno sempre, in vita e in morte, e ci aiuti, Signorina, ci aiuti, e guadagni quell’imperitura riconoscenza che tanto merita, e vedrà come se lo gusterà infine il suo agognato successo, che finora le è ingiustamente mancato! La prego sù la prego sù ancora un piccolo sforzo e ci siamo ce l’abbiamo quasi fatta siamo ormai in dirittura d’arrivo sì, sì che tutti insieme ce la facciamo, sì, dai tutti insieme, sù! Ce lo dia, sù!

            S1, CANE CATTIVO, UN CERTO MARIO, SCRIVANO: (come se sollevassero un peso) Oohh… oohh… oohh…

            CANE CATTIVO: (dopo un tempo) No, niente.

            UN CERTO MARIO: (all’orecchio di lei) Ascolta, comprendi, fai mente locale, capisci. E` successo un fatto strano, sì? E allora, cosa vuoi, le condizioni non sono più quelle di una volta, capisci, comprendi, compiacerli ora dobbiamo, dài, che poi… che poi… dài, ce ne andiamo io e te sì lontano da tutto lontano da qui da questo mondo che prigioniero è, sì, che ora torno a te sì, che son qui per te, sì, che…

            LA SIGNORINA: (in una sorta di rignhio) Mi – fa – do -do.

            S1: (spazientito) Ma perché, Signorina, io domando e dico, ma perché non vuole essere contenta di sè, eh? (Allo scrivano) Scrivano, metta agli atti che la Signorina, la signorina rifiuta di essere contenta di sè, ecco, e cosi sta scritto nero su bianco e non se ne parli più, ecco, e sospendiamo la seduta.

 

Un tempo. Sipario.

 

II

            Stesso luogo, un’ora più tardi.

S1: Bene eccoci qui di nuovo eccoci vede il tempo glielo abbiamo dato glielo di ristorarsi nel corpo e nello spirito e anche noi il nostro bravo cappuccino coi bigné l’abbiamo avuto quindi eccoci qui di nuovo, freschi riposati e bendisposti, disposti a tutto pur di farle piacere Signorina cara, cosiffacendo peraltro piacere anche a noi stessi. Ecco, come ha visto il bel Mario l’abbiamo allontanato che anzi ci siamo sbagliati a farlo venire, che dio ce ne scampi e liberi quello cara mia è un mangiapane a tradimento quello, glielo dico io che di cotte e di crude ne ho viste ne ho, io, sì, ma insomma dove è che eravamo rimasti?

            LA SIGNORINA: Re – re – fa – re.

            S2: (insinuante) Sì Signorina sì stavolta ce la faremo sì se siamo solidali e uniti tutti insieme perchè in fondo, no? Siamo tutti sulla stessa barca, sì? E allora? E allora, remiamo! (ride). Ah! Ah! Ah!

            CANE CATTIVO: (sforzandosi di essere suadente) Per farla contenta signorina ecco le abbiamo preparato una sorpresina una sorpresuccia ecco guardi qui che cosa le abbiamo portato chi le abbiamo portato ecco guardi lo vede che cosa non facciamo per lei, eh? (Al suo cenno lo scrivano esce e torna introducendo la Mamma. Costei, allo scorgere la figura della figlia, che le viene indicata da Cane Cattivo, si slancia verso di essa, ma i gesti simultanei di S1, S2 e della Signorina stessa la fermano a mezza strada). (Alla Mamma) no, non la si può toccare, non è permesso (La Mamma, diligente, si arresta).

            LA MAMMA: Oh piccola di mamma tua, o core di mamma, o core, come stai come ti senti come ti trattano qui, hai mangiato, almeno, sì? Chissà se ti danno almeno da mangiare in questo posto, che cosa ti danno, eh? dimmi, dillo a mamma tua che ti fa un bel puré, che ti fa una bella minestrina di verdura come piace a te, tieni tieni qui, t’ho portato le caramelle che piacciono a te. (Estrae dalla borsa una manciata di caramelle in carta d’argento, ne dà un paio alla Signorina, che le porta alla bocca, distribuisce le rimanenti agli altri presenti; tutti, lei compresa, le scartano e le masticano; le stagnole vengono intascate o gettate a terra. Per un momento tutti, Signorina compresa, sono accomunati dall’attività di masticazione). (A Cane Cattivo) Sa, la m’e sempre stata di buon appetito, la mia gallinella! (Alla Signorina) Beella di mammuccia sua! Allora hai dato a questi bravi signori quello che vogliono da te, sù non fare la smanciosa, non farti pregare che non sta bene, fai vedere ai signori come sai comportarti tenerti in società che non per niente t’abbiamo preso la fille au pair svizzera, che non per niente t’abbiamo comprato il pianoforte che c’è costato quello che c’e costato, a papà tuo buon’anima ch’era tanto troppo buono e te le dava tutte vinte te le, ed è per questo che mi sei finita qui te lo dico io, ché se era per me altro che, sai come li vedevi la fille au pair e il pianoforte rosa e l’ovino sbattuto ogni sacrosanta mattina e tutto il resto, col binocolo li vedevi te lo dico io, e dire che contavamo tanto su di te, tante belle speranze avevamo riposto in te e guarda qui bella soddisfazione guarda la figura che ci fai fare in faccia a tutto il mondo, questo e il ringraziamento, eh? questo è? ah mi vien financo di piangere mi vien.

            S1: Signora, si controlli, la prego. Cerchi piuttosto di convincere la sua figliola, glielo dica glielo che è solo per il suo bene che siamo un pò insistenti, ce la convinca, sù, da brava, che così ce ne torniamo a casa tutti felici e contenti e non se ne parla più e anche il mondo tutto sarà più contento.

            LA MAMMA: Sì, sì, ma cosa vuole, signore caro, l’è sempre stata così testarda questa figliola, quando si metteva una cosa in testa, niente da fare, quella doveva essere. Pensi che una volta la ci fece fare una figuraccia, la ci fece, eravamo invitati dai Mantecati, sa quelli della pasta dell’uovo, sì, proprio quelli, sì, e pensi che non volle mettersi le scarpette di vernice non volle, si figuri, e non ci fu verso, non ci fu, niente, a otto anni e già così cocciuta, niente, non ci furono santi, nisba, dovemmo portarcela in scarpe da tennis, pensi che roba, non ci crederebbe neanche a vederlo, dovemmo inventare che soffriva di calli la poverina, si figuri, gliene avrei date quattro gliene, avrei, a questa smorfiosa a questa sfacciata a questa impunita, pensi un pò, tutte le aveva vinte, tutte…

            CANE CATTIVO: Ma con noi è diverso, vedrà signora, vedrà che le caramelle non gliele daremo piu, eh? (Minacciosamente allusivo) Capito, Signorina?

            LA MAMMA: Sì, sì, fate bene, sì, chissà che voi non gliela facciate intendere, la ragione, ma non trattatemela male però, la mia piccina, che colpa non ha, ché la colpa è tutta delle male compagnie, ah…

            S1: (la interrompe) Sì signora, sì, ha ragione ma ora vada, vada pure, grazie tante del suo intervento, (allo scrivano) scrivano l’accompagni. (Alla Mamma) Le faremo sapere, signora, mille grazie ancora, ora vada, sì, vada pure, grazie, grazie tante.

            LA MAMMA: (si lascia portar via dallo scrivano) Sì, vado, si, ciao, cuore, ciao, amore, trattatemela bene eh mi raccomando, vedrete che con le buone maniere tutto si ottiene, ma non strapazzatemela, eh, ciao, sì, ciao, ciao.

            S1, S2, CANE CATTIVO: (con sollievo) Aaahhh!

            S2: Beh, riprendiamo, dove è che eravamo rimasti?

            S1: A “Caro amico” siamo rimasti, sempre lì siamo, sempre da capo a dodici, non c’è niente da fare non vuole intendere ragione, lo dice pure la mamma lo dice. (Lo scrivano rientra).

            CANE CATTIVO: Bando alle ciance. Occorre intervenir.

            S1: Sì ma lei capisce, ciò che ci deve restituire, non è che possiamo estrarglielo a forza, no?

            CANE CATTIVO: No, lei dice? So ben io come indurla a più miti consigli, la nostra brava Signorina qui presente, so…

            S2: (seccamente, allo scrivano): Non scriva più.

            CANE CATTIVO: Vi farò vedere io vi farò. (Allo scrivano) si conduca Ottavio.

            LA SIGNORINA: (sorpresa e supplice) Sol – fa – sol –re – do. (Lo scrivano esce. Rientra conducendo al guinzaglio un cane barboncino. La Signorina non ha smesso di modulare il suo lamento. Alla vista di Ottavio tende le mani verso di lui, invano: lo scrivano lo tiene fuori della sua portata).

            CANE CATTIVO: (allo scrivano) Mostri il cagnetto alla nostra amica. Ora lo riconduca di là. Indi… ai miei cenni… (lo scrivano riporta Ottavio fuori scena).

            S1: (con una certa compassionevole dolcezza) risolva, Signorina, ce lo ridia.

            LA SIGNORINA: (provata, forse incerta) Re – do – re – do.

            S2: (languido) Sì, Signorina, risolva. Non ci faccia fare ciò che non desideriamo, ciò che ripugna ai nostri sentimenti di alta umanità, ma…

            LA SIGNORINA: (su un tono dapprima cedevole, quindi, inaspettatamente, di diniego) Do – do – re – mi – fa – sol! Cane Cattivo, impaziente, fa un gesto nella direzione in cui lo scrivano e Ottavio sono usciti. Si ode un guaito di dolore) La Signorina, addolorata, spaventata, dà quasi un ululato). Mi – fa – fa – mi – mi.

            CANE CATTIVO: (incalzandola) Allora? Non resterà mica indifferente a questo guaito di dolore? Allora? Si decide, infine, a scriverla quest’ultima nota del suo melodramma? (Molto minaccioso) Oppure no?

            LA SIGNORINA: (non ancora remissiva, quantunque duramente provata) Do – re – re – re – mi. (Cane Cattivo fa un nuovo cenno. Un guaito prolungato perviene dalla camera della tortura. La Signorina si tiene la testa con le mani. Si lamenta, in una modalità non dissimile da quella di Ottavio) Mi – re – re – do – do.

            S1: Sù, e ce lo faccia, questo regalino!

            S2: Sì, ce lo faccia, sù! Ci ridia, infine, quello che ha sottratto. Ce lo ridia!

            CANE CATTIVO: O preferisce che andiamo avanti? (Urla, rivolto allo scrivano) Scrivano, j’amm’nnanz’! (Ma, prima che s’oda il gemito di Ottavio, la Signorina si scuote in un gesto di assenso, come potrebbe essere quello di un Pulcinella in un teatro dei burattini. Cane Cattivo ferma lo scrivano. I tre inquisitori si tendono verso la Signorina in una postura di attesa, un pò come dei cani da caccia).

            S2: (sottovoce) Ci siamo.

            S1: Ci siamo.

            CANE CATTIVO: Sì, ci siamo.

            LA SIGNORINA: (prende fiato, prima di emettere la nota, che durerà a lungo; dopo un tempo, sul suo la l’orchestra accorderà gli strumenti e i cantanti le voci; costoro, a braccia larghe, si rivolgeranno al pubblico; polifonia monocorde) La – la – la – la – la – la – la.

 

Sipario.

 

FINE

 

NOTA: Evidentemente, la nota la sarà assente dalla partizione del melodramma, e nessun la dovrà essere dato all’orchestra prima della rappresentazione.

 

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PS 2021. La fonte di questo testo è un articolo sull’incendio del teatro Petruzzelli di Bari (1991), su l’Unità del 26 luglio 1993.