Futuro postumo, 2004.

… un immenso deserto lunare …

Per questo mio lavoro di accompagnamento iconografico al testo di Piero Calamandrei ho usato un principio di stratificazione, a partire da tre elementi documentari contemporanei fra di loro, che ho disposto come livelli parzialmente compenetrati. I tre livelli si coprono reciprocamente oppure si leggono l’uno malgrado l’altro. Più che sostegno reciproco, insomma, c’è contraddizione fra i vari strati. Il forte chiaroscuro e una certa rudezza della composizione sottolineano questo principio.
Come sfondo delle illustrazioni a Futuro postumo ho scelto fotografie tratte da un volume, Romantisches Deutschland, pubblicato in quegli stessi anni ‘50 in cui lo scrittore concepiva il suo racconto della fine dell’uomo. Le immagini di questo album fotografico mostrano una Germania del secondo dopoguerra nella quale nulla sembra essere avvenuto. Non vi è alcuna traccia visibile delle distruzioni del conflitto né degli eventi epocali che su quella terra erano occorsi. Una tale descrizione a-temporale e fermata pare appunto denunciare, suo malgrado, quei luoghi dell’occidente come la scena finale della narrazione storica progressiva.
Mi è parso opportuno scegliere un tale sfondo per le mie sovrapposizioni: così come in quelle immagini del dopoguerra non esiste traccia della catastrofe avvenuta, allo stesso modo nel testo di Calamandrei la distruzione avviene senza traccia visibile, se non è l’improvvisa assenza del fattore umano. E nelle immagini di Romantisches Deutschland – nella rinuncia a mostrare un contesto storico – sono proprio i “personaggi” a mancare. Non ci sono uomini in quelle sontuose fotografie, e tanto meno tracce della contemporaneità. Questo aspetto, insieme con quello dell’assenza di ogni approccio al passato che non fosse quello di una sorta di conservazione aprioristica del “patrimonio culturale”, mi ha autorizzato a trasformare quei documenti iconografici: li ho ingranditi fino a sgranarli – rendendoli astratti e fantomatici – e li ho deformati – allungandoli in una sorta di anamorfosi che è un modo di reintrodurre un aspetto di precarietà in un’immagine data una volta per tutte.
A questi fondi ho sovrapposto tavole, fotografie e disegni tratti dalle enciclopedie dell’epoca (in particolare le appendici 1949-1960 dell’Enciclopedia italiana) e illustranti i progressi delle scienze e delle tecniche; fra tutti ho scelto quelli che mi richiamavano le “magnifiche sorti” della tecnologia occidentale. La mia ricerca lessicale si è svolta spuntando il testo di Calamandrei e traendone gli accostamenti forse meno letterali ma più rispondenti a un immaginario fantascientifico di quegli anni: “raggio di azione”, “deserto lunare”, “giroscopio stratosferico”, “matematica sublime”, “disgregazione atomica per risonanza”, “musica atomica”.
Il terzo elemento delle sovrapposizioni è stato fornito dal manoscritto stesso di Piero: ho utilizzato piuttosto l’aspetto grafico della sua scrittura, che allo stesso tempo rivela una sorta di precisa spontaneità e mostra i ripensamenti e le cancellature sui fogli che l’autore si trovava sotto mano. Non c’è corrispondenza descrittiva fra documento e illustrazione; ho usato la grafia riprodotta piuttosto come un leitmotiv. Il riferimento diretto al testo – come si deve in un libro illustrato – è fornito dalla didascalia a stampa che accompagna ogni immagine.

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Ces estampes sont une partie des illustrations au récit fantastique de Piero Calamandrei Futuro postumo, testi inediti 1950, Le Balze, Montepulciano, 2004, où l’écrivain imagine un monde d’où le genre humain – à la suite de la catastrophe nucléaire – serait absent. Elles présentent trois couches superposées: les paysages vides de Romantisches Deutschland, ouvrage photographique paru dans les années ’50; des fragments du manuscrit de Calamandrei, qui date de 1950; des planches techniques d’après des encyclopédies parues en ces mêmes années ou bien issues d’ouvrages anthropologiques (Le geste et la parole d’André Leroi-Gourhan, notamment).