Nella selva antica, 2013-2025.

Già m’avean trasportato i lenti passi
dentro a la selva antica tanto, ch’io
non potea rivedere ond’ io mi ’ntrassi;

Purgatorio, XXVIII.
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Sotto Rofalco, 2013.
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Alla Nova, 2013.
Alla Nova, 2013.

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Land paintings 10, Gottimo, 70×50, 2014.
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Al Lamone, stampa digitale, 32×44, 2014.
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Ferula-Buffon 02, 30×40, 2014.
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A Vallerosa, 2016.
.A Vallerosa, 2016.
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A Rofalco, 2016.
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Ruins in the Forest A 02, 30×40, 2016.
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Ruins in the Forest A 06, 30×40, 2016.
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A Settecannelle, 2016.
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From Castro 02, 20×30, 2017.
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From Rofalco 01, 20×30, 2017.
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From Rofalco 02, 20×30, 2017.
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Rovine nella selva 02, Fratenuti, 30×40, 2023.
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Rovine nella selva 06, Poggio Conte, 30×40, 2023.
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Rovine nella selva 09, Castro, 30×40, 2023.
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Histoire des monstres 37 bis, Fiora, 24×42, 2024.
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I cavallini di Poggio Rota, 30×30, 2017.
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Nella selva antica 06 ter, Lamone, 40×60, 2025.
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Ferula-Vago già, Campo della Villa, 20×30, 2025.
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Nel Lamone. Dante è stato certamente l’ultimo visitatore del giardino dell’Eden. Nessuna foresta, neanche la foresta antica sorta sulle formazioni vulcaniche della Tuscia, neanche la Selva del Lamone si puo’ dire originaria. Ovunque si troveranno le tracce della “civiltà” umana: i muri di cinta diruti, i resti di pavimentazione stradale, i solchi dei carri dei carbonai, i mucchi di pietre che furono muraglie etrusche e oggi le strisce di pittura bianca e rossa della sentieristica.
Le mie fotografie sono riprodotte su supporti trasparenti e sovrapposte alle riproduzioni di petroglifi preistorici (quelli del Nevada sono i più antichi ritrovati sul continente nordamericano): sono i segni di un’epoca in cui l’uomo iniziava appena ad appropriarsi della natura. Se sono riprodotti con l’acrilico rosso fluorescente, è perchè di segnaletica si tratta; quello che cambia rispetto a diecimila anni fa, è la tecnologia della riproduzione.
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Vago già di cercar dentro e dintorno
la divina foresta spessa e viva,
ch’a li occhi temperava il novo giorno,

sanza più aspettar, lasciai la riva,
prendendo la campagna lento lento
su per lo suol che d’ogne parte auliva.

Un’aura dolce, sanza mutamento
avere in sé, mi feria per la fronte
non di più colpo che soave vento;

per cui le fronde, tremolando, pronte
tutte quante piegavano a la parte
u’ la prim’ombra gitta il santo monte;

non però dal loro esser dritto sparte
tanto, che li augelletti per le cime
lasciasser d’operare ogne lor arte;

ma con piena letizia l’ore prime,
cantando, ricevieno intra le foglie,
che tenevan bordone a le sue rime,