Rovine nella selva (2023)

Si tratta della terza versione (febbraio 2023) di un lavoro vecchio di quasi dieci anni, mai mostrato in Italia, se non parzialmente (Confronto su Castro, 2018).
Mi sento piuttosto convinto della prima parte (Ruins in the Forest, series A), in cui sovrapponevo il testo dantesco del Purgatorio a foto di siti archeologici nella Tuscia.
La seconda (Ruins in the Forest, series B) mancava forse di qualcosa. Non mi bastava la sovrapposizione di mappe escursionistiche alle mie immagini di rovine e reperti ormai integrati nello spazio naturale. Mi pareva che un nuovo elemento  di artificialità fosse necessario, e credo di averlo trovato nell’apposizione delle lettere di una singola frase, Et in Arcadia [ego]. La Selva del Lamone non è l’Arcadia, certo, e SP non è Poussin. Diciamo che questo Rovine nella selva è un esercizio di imitazione.
Ho anche cambiato la carta topografica che costituisce il fondo dell’immagine: al posto di una carta escursionistica della Tuscia ho messo carte dell’Istituto Geografico Militare degli anni Cinquanta, il cui soggetto non corrisponde con i luoghi da me fotografati.


Rovine nella selva 01, Vallerosa, 2022, 30×40.
.

Rovine nella selva 02, Fratenuti, 2022, 30×40.
.

Rovine nella selva 03, Sutri, 2022, 30×40.
.

Rovine nella selva 04, Rofalco, 2022, 30×40.
.

Rovine nella selva 05, Pian di Civita, 2022, 30×40.
.

Rovine nella selva 06, Poggio Conte, 2022, 30×40.
.

Rovine nella selva 07, Norchia, 2022, 30×40.
.

Rovine nella selva 08, Grotta Porcina, 2022, 30×40.
.


Rovine nella selva 09, Castro, 2022, 30×40.
.


Rovine nella selva 10, Vulci, 2022, 30×40.
.


Nella selva antica

Da qualche anno lavoro sul tema della natura soggetta alla civiltà (e viceversa). Nelle fotografie che faccio in giro per l’Europa c’è sempre un elemento naturale che   predomina sulla compresenza di manufatti ridotti a tracce e segni.

Ho ripreso in mano Dante, in particolare i versi della Commedia in cui parla della selva antica, che non è altro che una rappresentazione del paradiso terrestre. Ho trattato in modo allegorico questo soggetto dell’Eden perduto e non ancora ritrovato; l’ho sviluppato in due serie di quadri, una serie A e una serie B, che mostro faccia a faccia.

La prima serie presenta dieci stampe digitali su vetro, in un formato 30×40 orizzontale (se affeziono questo formato quasi A3, è che mi fa pensare a un approccio da amanuense del lavoro artistico: “raccolto”, per non dire “ispirato”). Attraverso l’immagine resa in tal modo trasparente, si intravede il testo di Dante, il Canto XXVIII del Purgatorio, riprodotto su buona carta e in continuo, senza a capo. E’ questo il Canto in cui il poeta, accomiatatosi da Virgilio, si trova nel giardino delizioso da cui i primi peccatori sono stati cacciati; così perfetto questo giardino che anche gli animali ne sono assenti.

Elemento naturale ed elemento umano sono qui indiscernibili, fusi in quella che potrebbe essere una visione del mondo dopo il passaggio dell’uomo, un mondo tornato foresta primordiale. Non si sa se un pescatore di perle venuto da un’altra galassia potrebbe ritrovarvi le ossa divenute coralli, gli occhi diventati perle, neanche impiegando la tecnologia anti-scientifica preconizzata da Hannah Arendt: perforazione contro stratigrafia, nella necessaria distruzione del passato che permette di estrarne ciò che è “prezioso e raro”.

Di fronte a questa sequenza ho concepito un’altra linea di stampe su vetro, dello stesso formato; in questi lavori il fattore umano è più marcatamente presente. Si intravedono soprattutto vestigia monumentali, più “strutturate”, perdute nella natura, ancora riconoscibili anche se forse non più ricostruibili. Di là dalla fotografia si riconoscono carte topografiche ritagliate e rimesse insieme: potrebbero, o forse no, tracciare la localizzazione di questi improbabili paradisi terrestri.

Su ogni carta ho vergato una lettera, in carattere Bodoni: E, T, I, N, A, R, C, A, D, I, A, l’ultima I essendo raddoppiata dall’immagine di un bastone dipinto di rosso, affossato nel pavimento della ex cattedrale di Castro.

Mi provo a oscillare fra una certa “bellezza” dell’immagine e il suo carattere ammonitore. Niente vi cerco di spettacolare o di drammatico, ma penso aleggi da quelle parti una qualche inquietudine: un sentimento che ci accomuna e ci fa “umana cosa”.

Ciao ciao,

SP
.

Serie completata il 30 aprile 2022.


Giovanni Francesco Barbieri (Il Guercino), Et in Arcadia ego, 1618-1622, dettaglio, Roma, Galleria Barberini.
.

Nicolas Poussin, Et in Arcadia ego, 1637-1638, dettaglio, Parigi, Museo del Louvre.

 

 

RnS, Rovine nella selva (2023).

This just-completed series is the culmination of a work I have revisited several times in recent years (2016, 2022). The hiking maps previously used as a background were replaced by military maps. A striking addition is the phrase “Et in Arcadia Ego” (Guercino, Poussin) spelled out in a succession of red fluorescent letters.
For the short text (Italian) accompanying the work in its entirety, see:
Rovine nella selva 2022.
This series follows an earlier one (2016-2017), which features sites in the same region (Tuscia, Latium) and plays with the relationship between image and text, and specifically Dante Alighieri’s Purgatorio XXVIII (“dentro alla selva antica…”):
Ruins in the Forest series A.


RnS 01, Vallerosa.


RnS 02, Fratenuti.


RnS 03, Sutri.


RnS 04, Rofalco.


RnS 05, Civita.


RnS 06, Poggio Conte.


RnS 07, Norchia.


RnS 08, Grotta  Porcina.


RnS 09, Castro.


Rns 10, Cuccumella.